DIRITTO ALLA FELICITÀ

21.01.2020

INCHIESTE

Anno nuovo vita nuova: impegniamoci a voler essere sereni, consapevoli che molto dipenda dalle nostre scelte. E rimettiamo al primo posto l'amore, verso di noi e gli altri 

É la notte di San Silvestro, un'atmosfera magica scende su un mondo, una bramosia strana mista di gioia e malinconia si insinua silenziosamente nel cuore di ognuno di noi. Un sorriso lieve compare sui nostri volti mentre di sfuggita pensiamo al "sacco" pieno di tutto ciò che vogliamo lasciarci alle spalle, e ci prepariamo a vedere trasformate in realtà di aspirazioni, quelle di sempre, quelle che speriamo si concretizzino con l'avvento del nuovo anno. Non ha alcuna importanza che 12 mesi prima abbiamo provato le stesse sensazioni e che poi siamo passati attraverso il tunnel dell'anno precedente, impegnati in mille attività, tutte nobili per carità, famiglia, lavoro amici, vacanze e magari qualche opera di bene per poterci guardare allo specchio e dire che non viviamo solo per noi stessi, ma che contribuiamo attivamente al bene di tutta l'umanità ... siamo brave persone, ma quella fiammella che ciclicamente si accende e che prende vita allo scoccare del 31 dicembre di ogni anno, la nascondiamo in fondo al cuore, e mentre lavoriamo indefessamente per raggiungere il vertice dell'attività umana in cui siamo impegnati, sorridiamo con tenerezza ricordo di noi stessi presi dalla magia della notte di capodanno, perché in fondo siamo maturi e sappiamo che la felicità non esiste. Ma poi, non c'è niente da fare, i mesi dell'anno scorrono, passano ognuno con i suoi colori: passa l'inverno gelito, ci avvolge il calore mite della primavera, ci abbraccia l'estate con i suoi colori, mentre lentamente ci scivogliamo nelle tinte tenui affascinanti di un nuovo autunno e poi di nuovo l'inverno e infine dicembre e tutti, proprio tutti, ci fermiamo. Non si può resistere alla gioia di pensare, di credere con tutte le nostre forze, che mentre l'anno vecchio sfiora le dita della mano che l'anno nuovo gli tende nel magico istante in scocca la mezzanotte, il desiderio di felicità che alberga nei nostri cuori possa finalmente trovare appagamento in questa ennesima primavera del mondo.

Sì è proprio così perché l'uomo per natura, per diritto naturale tende alla felicità, l'uomo è fatto per essere felice, perciò tutte le sue azioni giuste o sbagliate che siano tendono verso questa meta che talvolta è inconsapevole. Il desiderio di essere felici, non annulla di certo il nostro libero arbitrio, ma dovrebbe illuminarlo nella scelta delle azioni più idonee a raggiungere la gioia autentica.

Ma allora perché mentre ancora è vivo nelle nostre orecchie il tintinnio dei calici, con cui abbiamo brindato all'anno nuovo e nei nostri occhi brillano i colori dei fuochi di artificio e sorriso di amici, parenti e sconosciuti, tutti animati dallo stesso nostro ardore provvisamente, viscida serpeggia la fredda sensazione che ancora una volta nulla cambierà. E mentre l'alba di un giorno nuovo tinge di rosa il mondo, noi ci lasciamo prendere dalla malinconia e lasciamo che le calde lacrime della disillusione ci impediscono di assistere al miracolo antico è sempre nuovo, del sole che sorge.

Ma allora cosa è la felicità? É davvero solo una chimera, il ricordo di un periodo felice e spensierato, magari dell'infanzia o qualcosa di profondamente reale, ma che è difficile da comprendere e che ci appartiene come patrimonio prezioso che va riscoperto nella sua giusta dimensione e nel suo autentico significato? Di certo stiamo parlando di un qualcosa di reale ed esistente anche se non nel senso empirico e materiale del termine, altrimenti non si spiegherebbe perché è un dato di diritto naturale, come detto, perché i più insigni giuristi e filosofi di ogni tempo, a partire dal pensiero filosofico greco e latino, per poi passare a quello Cristiano hanno dimostrato l'esistenza e inconfutabile della tensione dell'uomo alla felicità. E su questa tensione dovrebbero poi innestarsi gli ordinamenti giuridici, che nelle misura in cui sono costituiti da norme che rispettano l'uomo nella sua interezza di corpo e spirito dovrebbero avere ha proprio fondamento la tutela dei diritti umani. Legislazioni giuste che garantiscano a livello sostanziale e non solo teorico l'uguaglianza di tutti gli uomini senza discriminazioni legate al sesso, alla religione, al credo religioso, politico, sindacale, alla razza; legislazioni che consentono il libero accesso di tutti all'istruzione, alla cultura e al lavoro che a tutti permettono di svolgere una vita libera e dignitosa; legislazioni che tutelino con la certezza del diritto i carcerati, che consentano libertà di espressione di un pensiero diverso pacificamente manifestato con qualunque mezzo; legislazioni che tutelino la vita dal suo sorgere al suo naturale tramonto, che salvaguardino le famiglie e l'infanzia, che aiutino i giovani che si affacciano per la prima volta al mondo del lavoro.

Perché il compito di chi governa può dirsi lealmente svolto laddove ci sia l'impegno a che nessuno sia così ultimo da morire di fame, sete, solitudine, sfruttamento sul lavoro in un'epoca che ha i mezzi per raggiungere ogni angolo della terra e per sapere esattamente cosa avviene.

Oggi non ci possiamo permettere di essere solamente bene informati, non possiamo vivere felici finché sapremo che c'è chi soffre mentre noi viviamo in una inutile sovrabbondanza di beni. La nostra felicità è strettamente legata a quella degli altri, perché la felicità non è e non coinciderà mai con il pensiero epicureo del vivi nascosto che consente tutt'al più di vivere sine spe nec metu, che finisce con il considerare l'uomo alla stessa stregua dell'animale che può dirsi soddisfatto solo perché ha mangiato e bevuto quando ne aveva bisogno. Per noi uomini la felicità è un diritto, un dovere, ma anche una responsabilità. La responsabilità di vivere cercando di lasciare dietro di noi un solco luminoso ed eterno che cancelli le impronta viscida e sudicia che i seminatori dell'odio hanno lasciato. E questa non è una meta irraggiungibile è il traguardo quotidiano di ognuno di noi quando abbiamo il coraggio di vivere facendo della nostra vista un servizio.

È questo spetta a l'universalità degli uomini e delle donne: a chi governa quando mette il bene della collettività prima delle sue ambizioni, ai professori che impartiscono lezioni in prestigiosi atenei, quando ricordano che sono innanzitutto maestri di vita formatori degli uomini ai medici quando mettono al centro del loro lavoro il malato e non la malattia, ai genitori, quando vivono pensando che i figli non solo una loro propaggine, ma persone uniche e irripetibili che hanno bisogno del loro tempo delle loro attenzioni, ai giovani quando pongono la forza e l'entusiasmo dei propri anni a servizio dei più deboli e trovano il tempo tra un impegno e l'altro di visitare anziani e malati.

E non si tratta di belle parole, ma di una realtà molto quotidiane e materiali, perché se come ovvio, non a tutti è richiesto l'eroismo di una Madre Teresa di Calcutta, a tutti è richiesto l'eroismo quotidiano della donazione continua è nascosta nei rapporti familiari, di lavoro e sociali.

Solo così prenderemo la decisione consapevoli di vivere con gli altri e per gli altri, a cominciare da quelli che frequentiamo ogni giorno, scopriremo che i giorni della nostra vita non passeranno invano, mentre un panorama è un orizzonte di gioia autentica si spalanca davanti a noi.

E allora il brindisi della notte di San Silvestro sarà solo un brindisi di gioia, perché comincia un nuovo anno, una nuova sfida per annegare il male della sovrabbondanza di bene, perché la gioia autentica è compatibile anche con la stanchezza, il dolore e la sofferenza, perché per essere felici bisogna ricominciare ad amare.

Articolo Paola Ciaccio


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