DOMENICA 11 APRILE 2021

La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno.
(At 4,32-35)
Gli Atti degli Apostoli contengono una serie di cosiddetti "sommari" che descrivono la vita della primitiva comunità. Sono tre gli aspetti che meritano attenzione: anzitutto, la gioia e la semplicità di una vita in comune, nel segno della lode e della gratitudine. Una vita semplice, lieta, ritmata dalla perseverante lode al tempio e dallo spezzare comune del pane; una vita che attira naturalmente stima e ammirazione da parte di tutto il popolo. In secondo luogo colpisce la generosità nel mettere ogni cosa in comune, secondo i bisogni di ciascuno. Questo racconto è come una bella fiaba, che racconta ciò che può accadere nella nostra vita, se davvero lo vogliamo, se accogliamo il senso profondo della 'resurrezione', di una 'Pasqua' che può condurre ciascuno di noi dalla morte alla vita. Infine, quella piccola, utopica, comunità era anche naturalmente 'terapeutica': «tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su lettucci e barelle... e tutti venivano guariti». Se siamo persone 'nuove' siamo anche naturalmente e spontaneamente 'guaritori'. Chi ha trovato e ha coltivato la pace in se stesso diviene capace - senza fare alcun particolare sforzo - di portare salvezza tutt'intorno.

O Dio, che in ogni Pasqua domenicale ci fai vivere le meraviglie della salvezza, fa' che riconosciamo con la grazia dello Spirito il Signore presente nell'assemblea dei fratelli, per rendere testimonianza della sua resurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e uomo, e vive e ama con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Il principio monastico fondamentale: la semplicità.Il monaco è il non conformista. Egli è stato visto, attraverso i tempi, come il solo che veleggia contro il vento che tutto sospinge, alla ricerca della semplicità della sorgente. Il monaco è colui che tenta di nuotare contro corrente, risalendo le acque verso l'origine che si ritiene essere semplice. Dio è semplice. Brahman è massima semplicità. Il monaco crede che l'Assoluto sia semplice e che il fine della sua vita sia la conquista di quella stessa semplicità. La via può essere ardua e, alla fine, potrebbe anche non esistere, ma tutto è semplice [...]. La semplicità che connota la dimensione monastica non è la semplicità senza discriminazione. Richiede una qualificazione essenziale. Deve essere una beata semplicità, vale a dire una benedetta semplicità conquistata con il sangue (blood e blessed sono etimologicamente legati) e poi resa santa, santificata (sanctus significa anche «messo a parte»), isolata dunque entro quella unicità esperienziale che ha ridotto tutto a quintessenza e ha raggiunto la trasparenza ultima della verità. In altre parole, il monaco non cerca la semplicità facendo violenza al reale, recidendo i valori reali, abusando di alcuni dei suoi ambiti e sfruttandone altri. Al contrario, egli aspira alla semplicità rispettando i ritmi e la natura delle cose, proprio perché è convinto, in ultima analisi, che la verità della verità, il nocciolo dell'essere, per così dire, il satyasyatyam, è semplice.
(Raimon Panikkar, Beata semplicità. La sfida di scoprirsi monaco)
Panikkar parla di uno strutturale conflitto tra 'tradizione' e 'modernità' che connoterebbe il nostro tempo. L'archetipo del monaco a cui la 'tradizione' ha dato forma attraverso le classiche vie che conosciamo, richiede oggi il coraggio di ricercare nuove vie per poterlo di nuovo incarnare per gli uomini e le donne della cosiddetta 'modernità'. Tale conflitto emerge anzitutto riguardo al tema centrale della "ricerca della semplicità". Il Principio monastico fondamentale è, infatti, proprio la ricerca della semplicità. La vita umana è complessa, il monachesimo è da sempre stato «una reazione radicale contro tale stato di cose». Il monaco è sempre stato il non conformista per eccellenza. Per il monaco Dio è semplice, Brahman è massima semplicità. Il monaco crede cioè che l'Assoluto sia semplice e che dunque il fine della sua vita non sia altro che «la conquista di quella stessa semplicità». Possiamo dire, in altre parole, che l'archetipo del monaco sia anzitutto espressione dell'universale tendenza a ricercare nella complessità e conflittualità della vita un principio semplice. Monaco, da questo punto di vista, è chiunque si sforzi di rendere 'semplice' la propria vita 'complessa'.
Massimo Diana