GIOVEDI 1 APRILE 2021

Giovedì Santo
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. È vicino chi mi rende giustizia: chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?
(Is 50,4-9a)
Ci introduciamo al Triduo pasquale. Ciò che ci è chiesto è semplicemente di essere fino in fondo quello che siamo aiutando anche il nostro prossimo ad esserlo, sapendo «indirizzare una parola allo sfiduciato». Si tratta di prestare ascolto, ogni mattina, alla voce che sale da dentro e al grido che ci circonda da fuori, da ogni parte: «Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli». Un ascolto senza resistenze e che diviene obbedienza, ben sapendo che su questa via non si troverà la gloria ma l'incomprensione e la persecuzione. Si tratta solo di non perdere la fiducia, il senso profondo e intimo di una sorta di originaria benedizione. Questa sarà la nostra forza, come lo fu per Gesù prima di noi: «Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso». Eppure Gesù fu dichiarato colpevole e dovette imparare fino in fondo l'obbedienza proprio dalle cose che patì. Gesù probabilmente, salendo a Gerusalemme, intuisce ciò che gli sarebbe capitato. L'accettazione di questo destino fu molto dura, gli costò lacrime e sudore di sangue. Fino all'abisso dell'esperienza dell'abbandono dello stesso Dio. Eppure, anche in quel momento estremo, Gesù prega con le parole del Salmo: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», consegnando un senso supremo al nonsenso assoluto. Il senso di una vita che si dona, per amore, fino alla fine.

Rendimi fedele, Signore, a questo filo di speranza e a questo minimo di luce sufficienti per cercare.Rendimi fedele, Signore, a questo vino del tuo calice e a questo pane quotidiano sufficienti per campare.Rendimi fedele, Signore, a questo briciolo di allegria e a quest'assaggio di felicità sufficienti per cantare.Rendimi fedele, Signore, al tuo Nome sulle labbra, a questo grido della fede sufficienti per vegliare.Rendimi fedele, Signore, all'accoglienza del tuo Soffio, a questo dono senza ritorno, sufficienti per amare.
(Sr. Marie-Pierre di Chambarand)

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi»
(Gv 13,1-15)
Quella sera Gesù, «avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» e compie un gesto emblematico che esprime profondamente tutta la rivoluzionaria autocomprensione della propria vita che Gesù guadagna e che propone come modello ed esempio ai suoi discepoli: «si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano... versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli». Gesù non si fa servire, non si pone al centro come un guru, facendosi adorare, ma depone le sue vesti - depone cioè ogni ruolo o identità di guida per gli altri -, si cinge di un semplice asciugamano, cioè si riveste della semplice identità del servo e si china a lavare la parte più bassa e sporca dei suoi discepoli, i loro piedi. Un gesto che parla da sé, sebbene Gesù stesso lo voglia ulteriormente esplicitare ai suoi discepoli: «Capite quello che ho fatto per voi? Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi». Ecco tutto il senso della rivoluzionaria autocomprensione che Gesù offre ai suoi discepoli: mettersi ai piedi gli uni degli altri, per lavarli e asciugarli. Un gesto che probabilmente Gesù imparò da quella donna che, gettatasi ai suoi piedi, glieli bagnò con le sue lacrime e glieli asciugò con i suoi capelli. Ecco il senso ultimo e la pienezza dell'amore: servire, donarsi, sacrificare se stessi, porgendo l'altra guancia. L'Eucarestia non è che la memoria viva di questo gesto. Di questo dono che dischiude un'altra via per uscire dalla schiavitù dell'Egitto e guadagnare la vera libertà: la via del servizio, di quell'amore - agape - che è, fino all'ultimo, offerta di sé.
Massimo Diana