GIOVEDI 17 DICEMBRE 2020

Il re guardò a lungo il figlio senza parlare. Infine disse: "Siddhartha, sai bene che, per mantenere la pace nella propria famiglia e nel paese, occorre tollerare determinate cose. Il mio potere è limitato ma sono certo che, se volessi cingere la corona, saresti un re molto migliore di me. Hai il talento necessario per purgare la corte dalla corruzione, impedendo nello stesso tempo che il paese cada nel caos". "Padre", sospirò Siddhartha, "non credo si tratti di talento. Ritengo che il problema fondamentale sia la liberazione del proprio cuore e della propria mente. Anch'io sono irretito da sentimenti di rabbia, gelosia, paura e desiderio".
(Thich Nhat Hanh, Vita di Siddhartha il Buddha)
Siddhartha riconosce anche in se stesso quei germi di ambizione e di egoismo che ha visto nei membri della corte. E questo è un grande insegnamento spirituale per ciascuno di noi: se c'è qualcosa che ci infastidisce negli altri è perché, almeno in parte, ci appartiene. Non siamo diversi da coloro che critichiamo, che disprezziamo, che combattiamo. Riconoscere come anche parte di sé ciò che condanniamo negli altri è il primo passo di un cammino spirituale adulto. Ciò apre naturalmente alla misericordia - letteralmente: ad avere 'cuore' (kardìa) per la miseria - altrui e nostra. E a combattere, anzitutto in noi, ciò che vorremmo cambiare negli altri.

Che tutti gli esseri che sono nell'Est, che tutti gli esseri che sono nell'Ovest, che tutti gli esseri che sono nel Nord, che tutti gli esseri che sono nel Sud, abbiano gioia e benessere, possano vivere senza inimicizia.
(Metta Bhavana)

Sin da fanciullo a Siddhartha erano stati insegnati i quattro stadi della vita di un brahmano. Nella giovinezza, un brahmano studia i Veda. Nell'età matura si sposa, alleva i figli e si pone al servizio della società. Nel terzo stadio, quando i figli sono ormai adulti, si ritira dal mondo e si vota agli studi religiosi. Nel quarto stadio, scioltosi da vincoli e doveri, può abbracciare la vita del monaco. Siddhartha vi aveva riflettuto, concludendo che in vecchiaia non c'è più tempo per studiare la Via. Non intendeva aspettare tanto a lungo. "Perché non vivere i quattro modi assieme? Perché non è possibile vivere una vita religiosa occupandosi della famiglia?" (Thich Nhat Hanh, Vita di Siddhartha il Buddha).
Una domanda profondissima che oggi acquisisce ulteriori risonanze. È vero, perché non è possibile vivere una vita religiosa occupandosi della famiglia? Perché la via spirituale è stata ed è ancora troppo spesso pensata come una alternativa alla vita di sposo/a e di padre/madre? Perché per vivere come 'monaco' si deve rinunciare alla famiglia e piegarsi alla condizione del celibato? Oggi, nella misura in cui il cammino spirituale esige integrazione più che mutilazione, si sente sempre più l'esigenza di integrare queste due dimensioni, di provare a tenerle insieme.
Massimo Diana
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