GIOVEDI 31 DICEMBRE 2020

Rabbi Sussja insegnava: «Dio disse ad Abramo: "Esci dal tuo paese, dal luogo della tua nascita, dalla casa di tuo padre e va nel paese che ti mostrerò". Dio dice all'uomo: "Prima di tutto esci dal tuo paese, dal torbido che ti sei procurato tu stesso. Poi dal luogo della tua nascita, dal torbido procurato da tua madre. Infine dalla casa di tuo padre, dal torbido che ti ha procurato tuo padre. Solo allora sarai capace di andare nel paese che ti mostrerò"» (Martin Buber, I racconti dei Chassidim).
Che significa diventare adulti? Umanizzarsi? In questo breve racconto troviamo una suggestione tanto bella quanto profonda. Significa, ci dice Rabbi Sussja, mettere in pratica il comando di Dio, quel comando che Dio rivolse, migliaia di anni addietro, al padre Abramo. Possiamo intendere questo comando come un invito a 'lasciare' la comodità del Paradiso terrestre, di tutti quei 'grembi protettivi' che ci rassicurano, ci proteggono, ci danno una identità, ma non ci fanno superare la semplice condizione di 'figli'. Ci si umanizza abbandonando, anzitutto, il padre e la madre, fino quasi a 'tradirli', se necessario, pur di poter partire per il nostro viaggio.

Dio dice a ciascuno di noi, anche se non tutti sentono la voce, 'amami'. Sì, certo, l'amore non può essere prescritto, nessuna terza persona può ordinarlo né ottenerlo con la forza. Nessuna terza persona, appunto, ma l'Uno lo può. Il comandamento dell'amore può venire soltanto dalla bocca dell'amante. Solo l'amante (ma l'amante lo può realmente) può dire e infatti dice: 'amami'. L'amore dell'amante non ha altra parola per esprimersi se non il comandamento.
(F. Rosenzweig)

Prima della sua fine Rabbi Sussja disse: «Nel mondo a venire non mi si chiederà: "Perché non sei stato Mosè?". Mi si chiederà: "Perché non sei stato Sussja?"» (Martin Buber, I racconti dei Chassidim).
Le parole che Rabbi Sussja disse prima della sua morte sono molto note e il senso è molto semplice: Vietato imitare! Jung amava dire, con una battuta: "Fortunatamente sono Jung e non sono uno junghiano!" Romano Màdera così commenta: "L'imitazione è per Jung l'identificazione con regole e valori socialmente condivisi. Un processo necessario all'adattamento e necessario anche quando è possibile individuarsi. Tuttavia, individuarsi significa staccarsi da questa identificazione, seguire faticosamente la propria strada, pagare per questo il prezzo dell'incomprensione e della solitudine, e ritornare alla collettività producendo proposte di valori che possano essere accettati. Se l'individuazione non è possibile, se non si è in grado di creare autonomamente, allora si deve scegliere e accettare una qualche appartenenza collettiva e contribuire al suo sviluppo".
Massimo Diana
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