GIOVEDI 8 APRILE 2021

"Il primo precetto è non uccidere. Osservare questo precetto alimenta la compassione. Tutti gli esseri temono la morte e, come ciascuno ha a cuore la propria vita, abbia a cuore la vita di tutti gli esseri. Non basta astenersi dal togliere la vita agli esseri umani, dobbiamo sforzarci di non uccidere nessun essere vivente. Dobbiamo vivere in armonia con gli uomini, gli animali e le piante. Nutrendo un cuore amorevole, leniremo la sofferenza e daremo felicità alla vita. Un regno, i cui abitanti osservano il precetto di non uccidere, sarà in pace. Se viene rispettata la vita altrui, il paese sarà forte e prospero, al sicuro dagli attacchi di altre nazioni e, se pure possiede un grande esercito, non avrà motivo di mobilitarlo. I soldati possono dedicarsi a compiti benefici come costruire strade, ponti, piazze e dighe".
(Thich Nhat Hanh, Vita di Siddhartha il Buddha)
I Cinque Precetti sono il 'cuore' del comportamento buddhista, un po' come i Dieci Comandamenti lo sono per l'ebreo e il cristiano. Colpisce la semplicità di tali consigli, che non richiedono grandi sforzi ma che, se seguiti e incarnati da tutti nella propria quotidianità, possono avere la forza di cambiare il mondo intero. Colpisce anche l'universalità di tali indicazioni: in fin dei conti non si differenziano molto da quanto tutte le tradizioni sapienziali e filosofiche dell'umanità da sempre vanno ripetendo. Il primo precetto è «non uccidere». È esattamente la stessa formulazione del quinto comandamento, ma, in positivo, vediamo che si tratta di un invito davvero a tutto campo ad amare ogni essere vivente, senza confini e barriere. Osservare questo precetto - dice il Buddha - alimenta la compassione: un 'divieto' dunque, che ha però come fine quello di provocare un comportamento, uno stile di vita, orientato alla misericordia e all'amore verso tutte le creature. «Come ciascuno ha a cuore la propria vita, abbia a cuore la vita di tutti gli esseri». Qui il Buddha si riferisce a 'tutti' gli esseri viventi, non solo ai nostri fratelli e sorelle umani, amici o nemici che siano.

Sofferente e debole, sono giunto sulla cima della montagna, seduto sulla roccia fa' discendere nel mio cuore il soffio della liberazione, o Signore. Donami la triplice saggezza, che io possa giungere al termine del sentiero di Buddha.
(Mettika)

Colmo di gioia, il re Bimbisara si alzò e si inchinò al Buddha. La regina Videhi si avvicinò conducendo per mano il principe Ajatasattu. Insegnò al piccolo principe a giungere le mani in forma di bocciolo di loto per esprimere il suo rispetto al Buddha. Poi disse: "Signore Buddha, insegna la Via della Consapevolezza e dell'Amore al principe Ajatasattu e ai quattrocento bambini che oggi sono qui radunati" [...]. «Bambini disse il Buddha, prima di nascere come essere umano sono stato terra e pietre, piante, uccelli e molti altri animali. Anche voi, nelle vite passate, siete stati terra, pietre, piante, uccelli e animali. Forse oggi siete qui davanti a me a causa di qualche legame che ci ha uniti in passato. Forse, in una vita precedente, siamo stati fonte di gioia o di dolore l'uno per l'altro.
(Thich Nhat Hanh, Vita di Siddhartha il Buddha)
Al denso Discorso di Dharma fatto agli adulti, e che abbiamo ascoltato questa mattina, il Buddha si rivolge ora al piccolo principe Ajatasattu e ai quattrocento bambini per impartire anche a loro un insegnamento. Lo fa attraverso una sorta di 'parabola', tanto semplice quanto profonda. È la storia di un airone, un granchio, un albero di plumeria e molti piccoli gamberi e pesci. Attraverso questa storia il Buddha insegna ai bambini che ogni nostra azione ha una conseguenza che non si estingue con noi, perché ogni cosa ritorna sempre e nuovamente ad esistere, sebbene in forme diverse. Da quella sofferenza, tuttavia - prosegue il Buddha - imparai una grande lezione: «se inganni e danneggi gli altri, sarai ingannato e danneggiato a tua volta».
Massimo Diana
