IL RAGLIO NEL CONCERTO

Raffinato apologo sulle potenzialità senza limiti di ciò che sgorga dal cuore e sull'amore che può ogni cosa.
Dopo lunghe discussioni, gli animali decisero sulla data della loro festa nazionale: sarebbe stata la loro prima festa nazionale e tutti potevano parteciparvi, nessuno escluso. Tenuto conto delle esigenze di ogni specie, da quelle che non potevano assolutamente accettare una data invernale per la faccenda del letargo ad altre che richiedevano lunghe dilazioni primaverili per impegni di famiglia, sì convenne sulla notte della sesta luna piena. Sul programma, invece, si trovarono tutti d'accordo senza contrasti: dopo il discorso ufficiale, tenuto dal pappagallo, e il saluto dei diversi rappresentanti delle diverse specie, la costituenda corale dell'associazione avrebbe offerto un grandioso concerto che si sarebbe concluso con un ballo generale in onore della luna. Né sorsero difficoltà sulla scimmia quale direttrice del coro, in quanto nessuno poteva metterne in dubbio l'abitabilità contorsionistica, il senso del ritmo e il finissimo orecchio.
"Bene - disse la scimmia - proviamo subito le voci per separare i bassi dai baritoni, i baritoni dai tenori, i tenori dai contralti e i contralti dai soprani".
Barrì l'elefante. "Tu sei basso" - gli disse la scimmia. Gli animali risero. "Se è basso lui, allora io che sono?" - squittì la pulce.
"Tu sei una pettegola - la redarguì la scimmia. - Avanti un altro".
Saltò sul leggio il rospo. "Cra, cra" fece.
"Baritono" - sentenziò la scimmia. Insomma, si presentarono tutti, e i tra gridi, fischi, gorgheggi, schiamazzi, sibili, cinguettii, gemiti, zirli, chioccolii, pigolii, latrati, muggiti, ululati, miagolii, guaiti, ruggiti, bramiti, ciascuno ebbe il suo posto.
"Bene, bene - diceva ogni tanto la scimmia, mi batteva le mani dalla contentezza.- sarà un concerto straordinario, da mandare il nostro canto fin sulla luna".
Solo uno fu scartato. La scimmia non volle sentire suppliche ho intercessioni: i ragli sarebbero stati un' insopportabile stonatura nel concerto, cosicchè l'amico asino non s'offendesse, non era colpa sua, ma avrebbe concorso alla buona riuscita della festa solo tacendo.
"Fossi stato un mulo, pazienza! - sì lamento l'asino, - Ma io almeno tenore dovevo essere".
Gli animali risero per la faccenda del mulo che era appena stato mandato dalla scimmia di rinforzo ai soprani, ma con la raccomandazione di cantare di testa.
"Come se quello avesse perduto di basso per guadagnare di testa!" - pettegolò ancora la pulce.
Il mulo arrossì e pianse. "Non volevo offenderti - gli disse l'asino. - a volte si parla senza riflettere" e gli diede un colpo amichevole di coda.
Ogni sera, sotto la direzione della scimmia, la corale si riuniva, e i progressi erano tali che in giro si diceva: "con un direttore simile, anche le pietre potrebbero cantare".
"Ma un asino no, un asino non saprà mai cantare" - diceva sconsolato l'asino fra sé. La sua pena, però, era stata negli ultimi tempi addolcita dalla nascita del primogenito che, anche solo a guardarlo negli occhi, rivelava un intelligenza straordinaria.
"Perché lui non ce la potrebbe fare?" - pensava il padre mentre, ogni sera di prove, lo portava per la passeggiata nelle vicinanze della radura dove si riuniva la corale, affinché apprendesse il motivo che il gallo tenore avrebbe intonato da solo nel bel mezzo della cantata per la fratellanza universale.
"Tu ce la devi fare se inizi fin da principio, figlio mio punto tu sei un tenore nato, non sei un mulo". Il piccolo rideva felice ed rizzava le orecchie a perpendicolo per raccogliervi anche le sfumature della melodia. Poi, prima di addormentarsi, ripeteva al padre quello che aveva appreso.
La madre si commuoveva e lo accarezzava con la coda: "Un figlio simile farà strada", diceva. La pulce che si intrufolava ovunque e sapeva tutto degli animali, anche le cose più intime e segrete, avendo studiato fin nei minimi particolari il modo di vendicarsi della scimmia per l'offesa che aveva da essa ricevuto, sosteneva le ambizioni dell'asino sul figlio, e lo assicurava: "Io so che la scimmia incerta fra il gallo e tuo figlio. Ha comunicato la sua perplessità alla bertuccia che ha scelto di dirigere il coro punto. Tu sai che mi intrufolo ovunque a raccogliere notizie. Quando mi trovo nell'orecchio di qualcuno o persino i suoi pensieri", sorrise la pulce. "e come farà mio figlio a sapere che l'attacco è rivolto a lui e non al gallo?". "se la scimmia punterà il braccio, l'attacco sarà per il gallo, com' è normale; Se invece alzerà la zampa sarà per tuo figlio. Diglielo che stia ben attento e che attacchi immediatamente in modo da cogliere di sorpresa tutti, anche il gallo". Venne, finalmente, la notte della sesta luna piena. La luna, per l'occasione, se era messa il suo più bel vestito e aveva passato tutto il giorno a lucidare il suo splendore. I cantori si disposero sul palco che i castori avevano da tempo preparato, i capi di ogni specie si sedettero sulle poltrone che spettavano loro di diritto, gli altri animali scelsero il posto più confacente al loro stato, chi sulle piante, chi sul pendio che dolcemente degradava nella radura; La scimmia, col frack noleggiato per quella notte, attendeva dietro a un albero di salire sul podio, e l'asinino col padre, secondo le istruzioni della pulce, s'affiancò al lato destro del palco dei cantori.
"Dov'è l'amica pulce?" - chiese il figlio al padre.
"Non preoccuparti di lei - gli rispose l'asino. - sa quello che deve fare. Tu sta pronto all'attacco della scimmia, quando alza la zampa" . "E se la scimmia non mi dà l'attacco?". "Te lo darà. La pulce sa il fatto suo". intanto la luna, agitando una nuvoletta di finissima batista, aveva dato il segnale che si poteva dare inizio alla festa col discorso del pappagallo. Dopo un po' che parlava, il pappagallo fu interrotto da un possente battimano; fece per riprendere il discorso, ma il battimano divenne più intenso, cosicchè capì che doveva tagliare corto, e con un volo andò a posarsi sulla sua poltrona. Per evitare il battimano, chi doveva portare i saluti delle diverse specie e fece finta di niente e rimase seduto. "Mu-si-ca, mu-si-ca," gridarono allora gli animali dagli alberi e dal pendio. La luna concentrò tutto il suo splendore sul palco dei cantori e la scimmia prese posto sul podio; non si sentiva un fruscio di foglia appunto persino il vento si era raccolto in un avvallamento in cima al pendio per godersi, e indisturbato, quella straordinaria serata di gala. L'attacco fulmineo. La cantata della fratellanza universale srotolò le sue note d'un incontenibile esultanza sulle teste immobili degli animali. Poi la melodia prese l'andatura di una brezza, poi ci furono ancora note squillanti, e poi movenze di preghiera, e ancora scoppi di gaudio. La scimmia con mani, piedi, coda, orecchie, occhi, dava gli attacchi delle diverse voci con una precisione, un'eleganza e una partecipazione tali che la bellezza di quella musica sembrava passare per gli occhi prima di sposarsi nelle orecchie degli ascoltatori. S'avvicinava, ormai, il momento dell'assolo. L'asinino, di fianco al palco, guardava trepidando la scimmia, pronto ad attaccare. Il gallo si era già alzato e guardava con un occhio la scimmia e con l'altro l'immensa platea, stirandosi di tratto in tratto il collo perché le note, uscendo, non trovassero intoppi.
L'assolo iniziava così: "su, fratelli, alla vita cantiamo", e la musica, dopo un nota altissima tenuta lungo, elettrizzante, addobbava con cascatelle di note un gaissimo tema che sarebbe stato poi ripreso dal coro e, nell'intenzione della scimmia, da tutti gli animali per la danza finale, tanto era apprendibile. La scimmia era pronta con le braccia alzate a dare l'attacco all'assolo, fra il silenzio e la tensione generali, quando la pulce che le si era annidata quatta quatta sotto la coda, giudicando che era giunto il momento della sua vendetta, gettò tutto il suo peso sulle mandibole e fulminò con un morso una parte assai delicata della scimmia. La scimmia dimenticò in quel momento che dipendeva da lei successo della fratellanza universale, non pensò nemmeno lontanamente alla possibilità di suscitare uno scandalo nei più timorati e con un gesto fulmineo, prima che il gallo si rendesse conto di quello che succedeva, portò le due zampe, pronti a dare l'attacco, sotto la coda per far pagare cara la sfrontataggine a quell'insolente. Ma non si sa bene se per la violenza del dolore o per la fretta di far vendetta o per maggiore comodità di caccia, la scimmia si sbilanciò e, mentre portava le mani dietro, alzò imperiosamente la gamba destra puntandola in direzione dell'asino come se volesse dargli l'attacco dell'assolo. Allora un raglio acutissimo, su un crescendo mai udito prima, con un fiato da alimentare un ripieno d'organo, si inerpicò vertiginosamente sul raggio più luminoso che la luna aveva immediatamente spostato per illuminare l'eccezionale tenore. La scimmia si era immediatamente ricomposta. Capì l'eccezionalità dell'impresa e a secondò, incoraggiandolo, l'estro estemporaneo dell'asinino. L'asino ragliò acuti, raglio torrente di note, raglio è gaissimo tema della fratellanza universale, contagiò di gioia tutti; prima, fra tutti per slancio e per tempo, la pulce che, sfuggendo alla febbrile caccia delle dita della scimmia, era saltata sul leggio e, da lì, sulla testa dell'ancora attonito gallo, indi sull'orecchio dell'elefante e poi sul becco del pappagallo, dando così il via alla grande danza finale. La luna rideva e ogni tanto si asciugava gli occhi col fazzolettino di batista. La radura e il pendio divennero un solo girotondo che si apriva e si chiudeva a seconda che comandava il vento uscito, per fare anch'esso festa, dall'avvalamento in cima al pendio. Perfino il gallo, dopo essersi cavallerescamente complimentato con l'asino, partecipò con danze spericolate al gran finale; mentre la scimmia dava spettacolo di numeri inediti, seguendo con fantastica agilità l'itinerario della pulce, e altri ragli s'inerpicavano vittoriosi su nuovi raggi di luna. Solo il tasso, per la veneranda età che gli aveva ormai sigillato le giunture, non poté partecipare alla festa, ma se la godette ugualmente dall'alto di un grosso masso, dovendo ammettere che mai un simile miracolo di fraternità era stato operato dal raglio d'un asino.
"E pensare - commentò - che la scimmia aveva scartato l'asino per non rovinare il concerto! come sarebbe stata possibile, allora, una vera fraternità universale se si escludeva il contributo dell'asino? Mah, anche da vecchio sempre da imparare".
Il padre asino, con ancora negli occhi l'agilità con cui l'acuto del figlio s'era inerpicato su raggio di luna, diceva tutti: "e poi si dica che il raglio d'asino non sale al cielo!". E improvvisò una cabaletta che suonava pressappoco così:
"non c'è una voce
che ha il ciel non salga
se viene dal cuore
anche se raglia
e glorifichi
l'umanità
se canta un inno
di libertà" .
Finita la festa, la luna si tirò sugli occhi il lenzuolo bianco del cielo e andò a dormire per far posto al sole.
Luisito Bianchi