MARTEDI 23 MARZO 2021

23.03.2021

Sentiero lungo il ruscello, 

pino fragrante.

Rossa terra rocciosa, 

erta montagna.

Quella del cammino può essere una buona metafora per la vita spirituale, ma vi sono momenti in cui anche una semplice escursione è letteralmente l'attività migliore. Quando si passeggia per i boschi o ci si arrampica sulle montagne, si realizza una fantastica unità fra il corpo, la mente e lo spirito. Fare escursioni rinforza le gambe, aumenta la resistenza, corrobora il sangue e calma la mente. Lontani dalla frenesia della società, siamo liberi di osservare le lezioni della natura. Erosione. Radici contorte. La carcassa di un cervo. Un combattimento fra rondini. Le alte spirali dei falchi. I riflessi taglienti dell'acqua che scorre. Rami spogli che germogliano. Roccia grigia, spaccata, frantumata, consumata. Un albero caduto. Una nuvola solitaria. La risata dei rami del prugno. Persino un piccolo cerchio di pietre lungo il sentiero: chi le ha sistemate lì? Sono opera dell'uomo? Qual è il loro segreto? In ogni visione si celano migliaia di significati, se solo ci apriamo abbastanza da cogliere la scrittura del paesaggio.

(Deng Ming-Dao, Il Tao per un anno)

Quella del 'cammino' è certamente una buona metafora per la vita spirituale, una metafora utilizzata spesso in questi commenti, ma vi sono momenti in cui anche «una semplice escursione», è letteralmente l'attività migliore, quella che ci fa meglio e che più ci permette di entrare in contatto con la verità di quello che siamo. Quando si passeggia per i boschi o ci si arrampica sulle montagne, ci ricordano i maestri taoisti, si realizza una fantastica unità fra il corpo, la mente e lo spirito. Fare escursioni rinforza le gambe, aumenta la resistenza, corrobora il sangue e calma la mente. Siamo liberi di osservare la lezione della natura e di cogliere in ogni cosa meravigliosi significati che alimentano il nostro cammino e danno senso al nostro vivere, «se solo ci apriamo abbastanza da cogliere la scrittura del paesaggio».

Se una persona è cattiva, non gettarla via. Risvegliala con le tue parole, elevala con le tue opere, ripaga le sue offese con la tua gentilezza. Non la gettare via; getta via la sua malvagità.

(Lao Tse) 

Quarta stazione. La cattura del bue 

Dopo essersi per lungo tempo nascosto nella natura selvaggia, oggi il bue è stato infine raggiunto. Ma il mondo familiare e piacevole di questa natura selvaggia lo richiama ancora così violentemente che trattenerlo è molto difficile. Ancora non è in grado di sottrarsi alla nostalgia dell'erba odorosa. In lui alberga ancora caparbia ostinazione, e selvatica animalità lo domina. Se il pastore vuole renderlo davvero mansueto, deve punirlo con la severità della frusta.

(Vuoto/Pieno. Il bue e il suo pastore. Una storia zen dall'antica Cina, a cura di V. Tamaro)

Può succedere che i primi momenti che seguono alla metanoia siano di grande euforia e di esaltazione, possono capitare un certo numero di esperienze gratificanti e di consolazione. Momenti di intenso entusiasmo, che significa, letteralmente, avere e sentire il dio (theos) dentro (en) di sé. È importante accogliere questi momenti con riconoscenza e gratitudine, ma senza attaccarsi ad essi e neppure ricercarli. La "cattura del bue" è il momento in cui il pastore arriva a conoscere chiaramente il fondo più recondito della natura del cuore e a farne esperienza. È il momento in cui lo studente riconosce chiaramente la natura di Buddha e conquista la vita infinita del cosmo. Ma attenzione alla facile euforia: questa 'conoscenza' deve essere incarnata e testimoniata in modo reale. Sebbene il pastore abbia penetrato la sua natura originaria, gli è ancora difficile "far perdurare i giusti pensieri". Il suo bue è ancora indomito e selvatico e rischia di trascinarlo di nuovo indietro nel mondo familiare degli opposti. Il pastore è contento se qualcuno lo loda e lo stima. Se invece qualcuno lo biasima e lo denigra, si irrita e serba rancore. Ancora il suo cuore è condizionato da lode e biasimo e si fa condizionare da entrambi. 

Massimo Diana 


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