MASCOLINITÀ IN CINA

Da poco abbiamo celebrato la Giornata della donna proprio mentre in Cina si valorizza il maschile, a discapito del femminile. Forse la vera parità di genere risiede proprio nella consapevolezza che uomo e donna abbiano uguale valore.
Lunedì 8 marzo abbiamo celebrato la Giornata internazionale della donna, una ricorrenza che ci invita a riflettere, ogni anno, sulla necessità di un pieno riconoscimento dei diritti delle donne al pari di quelli degli uomini. Nel frattempo, in Cina, il Governo si è espresso in merito all'esigenza di creare un piano di potenziamento della mascolinità «per prevenire l'effeminazione degli adolescenti maschi», ritenuti dalle autorità fragili, insicuri e poco virili perché esposti a una eccessiva presenza di modelli femminili nell'insegnamento e nella cultura pop. A tal fine, il metodo elaborato dal Ministero dell'Istruzione cinese prevede di incrementare i corsi di educazione fisica nelle scuole, prediligendo gli sport di contatto, e in generale enfatizzare lo "spirito dello yang" che nella filosofia tradizionale cinese incarna la forza attiva, la polarità energetica maschile dell'universo. Anche questo imperativo della virilità espressa come valore vincente da contrapporre alla 'debolezza' femminile è un'avvilente forma di sessismo che evidenzia una più profonda frantumazione dell'essere e che va pertanto superata. Qualità come la sensibilità, la delicatezza di pensiero, la premura e l'empatia verso il prossimo determinano il nostro essere umani, prima ancora di circoscriverci in una definizione di genere che non lascia spazio per essere "altro" al di fuori di essa. Ecco perché definirei questo processo di "effeminazione" un processo di umanizzazione, di allargamento alla vita e alla possibilità di espandere la propria identità al di là dei confini dettati dal contorno sociale.
Proprio la tradizione culturale cinese, culla del Taoismo, è portatrice di un'eredità di pensiero che percepisce ogni aspetto della natura come compenetrazione e integrazione di due princìpi, ugualmente indispensabili per assicurare la vita: lo Yin e lo Yang, l'energia Femminile e l'energia Maschile, il pieno e il vuoto, il riposo e l'azione, la consapevolezza che nulla si può esprimere al massimo della sua realizzazione se non accogliendo e rispettando l'opposto che contiene in sé. Questi due princìpi originano e permeano ogni aspetto della creazione dialogando l'uno con l'altro in un moto perpetuo, in uno scambio costante tra l'infinito e il finito, tra il Cosmo e l'umano, e alimentando così la sacralità dell'esistenza.


Quando parliamo di parità di genere dovremmo porre l'accento su questa consapevolezza: uomo e donna - nel loro più ampio ruolo di archetipi del maschile e del femminile - hanno uguale valore, e il loro dialogare risulta imprescindibile per creare e trasformare ciò che è vita, ancora prima di scivolare nelle dinamiche antropologiche, sociali ed economiche che presuppongono una parità di diritti e di doveri tra le due parti. Nella parzialità della condizione maschile e femminile è racchiusa la totalità e la pienezza del tutto; ciò che è "diverso" in realtà ci appartiene, ci sostanzia, ci definisce nella nostra essenza più profonda. Prendere consapevolezza di tale equivalenza di princìpi evidenzia anche un'origine comune che li trascende. La genesi dell'uomo sta oltre l'uomo. Affonda in un mistero trascendente che si può avvicinare solo aprendo il cuore all'epifania dell' "Altro": quell' "Altro" da cui traiamo origine e completezza e che sollecita in noi la parte più umanamente vicina al Divino.
Maria Sole Santi