I NUOVI LUOGHI TEOLOGICI
PENSIERO

L'insigne intellettuale Houtart definisce soggetti socio-economici, partendo dall'essere umano che ha bisogno di entrare in armonica relazione con il mondo naturale e sociale.
In un primo momento la teologia della liberazione nella letteratura del sociale era legata alla teoria della dipendenza. Questa però divenne presto oggetto di critica, soprattutto per aver messo l'accento troppo esclusivamente sul rapporto fra centro e periferia e non abbastanza sulle origini interne delle differenze sociali. Emerse progressivamente un nuovo pensiero di cui teologi presero conoscenza e che li obbligò a precisare di nuovo alcuni punti di partenza del loro discorso specifico. Ciò non cambiava affatto l'orientamento fondamentale, ma cambiava la gerarchia della responsabilità sul piano dell'etica sociale. Si ebbe in seguito un periodo di silenzio, che ebbe cause diverse.
In America Latina si iniziò l'era neo-liberale con l'instaurazione di regimi che vennero chiamati di democrazia sorvegliata. La caduta del muro di Berlino provocò poi una crisi dei paradigmi delle scienze sociali, crisi più politica e psicologica che reale, ma che influì sul complesso della riflessione in questo campo. Dopo il consenso di Washington, alla fine degli anni '70, sorse anche una nuova problematica, quella della mondializzazione. Si scopriva progressivamente che in America Latina e decenni '80 e '90 avevano portato una relativa decrescita, anche se per le misurazioni si usavano i parametri del pensiero unico, mentre le diseguaglianze invece crescevano. Come ovunque, d'altra parte, una frazione ridotta della popolazione vedeva accrescersi i suoi redditi e le sue possibilità di consumo, a volte in maniera spettacolare, mentre la maggioranza ristagna va o sprofondava nella povertà e nella miseria, il tutto aggravato da un forte accrescimento demografico. Benché le statistiche ufficiali mostrassero che la povertà diminuiva in misura relativa, il numero dei poveri non faceva che aumentare punto fu così che apparvero nuovi autori oltre a quelli che già avevano scritto negli anni precedenti (Gustavo Gutierrez, Hugo Assman, Juan Luis Segundo, Leonardo Boff, ecc.). Si tratta fra gli altri di John Sobrino, Ignacio Ellacuria, Enrique Dussel, Franz Hinkelhammert, J. Mo Sung, Ivone Gebara.
LE NUOVE TEMATICHE
A partire dagli anni '80 e '90 Venne alla luce una serie di nuove tematiche.
Senza entrare nei particolari, è interessante farvi un accenno che permetta di farsi un'idea della diversità dei temi trattati, in funzione dei cambiamenti sociali del continente e della nascita o dello sviluppo di movimenti sociali specifici.
CRITICA DELLA RAZIONALITÀ ECONOMICA
La riflessione successiva lo sviluppo neo-liberale dell'economia mondiale e ai suoi effetti sull' America Latina ha originato un dato nuovo, basato sul carattere dogmatico del "pensiero unico".
Da una parte, il discorso economico è trattato come un discorso religioso, basato su principi assoluti applicati poi alla realtà, riscoprendo così un metodo deduttivo degno dei peggiori dogmatismi. Pensiamo al discorso di Michel Camdessus, l'exdirettore del FMI, o più ancora a quello di Michael Novak, il teorico americano, i quali affermano che il capitalismo è la forma più adatta alla prospettiva socio-economica del Cristianesimo. Da qui una serie di pubblicazioni come quella di Franz Hinkelhammert, Le armi biologiche della morte (1978), L'idolatria del mercato (1989), Sacrifici umani e società occidentale (1991); di J. Mo Sung, L'idolatria del capitale la morte dei poveri (1991); di Julio de Santa Ana, La pratica economica come religione, ecc.
La seconda linea di pensiero si è costruita a partire dall'egemonia del mercato. Al contrario dell'economista di Chicago Milton Friedman, che pretende che l'economia sia una disciplina neutra, diversi teologi affermano invece il carattere etico dell'economia. Infatti l'economia neo-liberale afferma certi valori presentati come supremi, soprattutto la competitività e l'efficienza. Questi conducono a una distruzione delle basi della vita, sia materiale che culturale. Si esprime in questo senso Gustavo Guetierrez, uno dei fondatori della teologia della liberazione, nella sua opera Il Dio della vita (1982).
È la vita del povero che costituisce il punto di incontro fra Dio e l'economia, giacchè la vita non è soltanto l'eternità, ma l'esistenza concreta di coloro che sono esclusi e oppressi da sistema economico. Nello stesso senso vanno i lavori di Franz Hinkelhammert, in rapporto a quel che si potrebbe definire l'emergere del soggetto. È lui che parla del grido del soggetto (El grito del sujeto). Nella sua opera, il soggetto è la legge (El sujeto y la ley), pubblicato nel 2005 e che ebbe il "Premio Libertador 2006" del Venezuela, l'autore attacca vigorosamente la modernità. La sua denuncia è in funzione delle logiche che ha dispiegato e che portano alle catastrofi ecologiche e umane del mondo contemporaneo. Per lui, la post-modernità non è che una "modernità all'estremo", giàcché non fa altro che prolungarla e quindi viene chiamata torto post-moderna. Bisogna invece riflettere partendo dall'essere umano come soggetto concreto, che ha delle esigenze di relazione con il mondo naturale e sociale. Franz Hinkelhammert elabora così una fase nuova di pensiero teologico, in cui il soggetto è nello stesso tempo personale collettivo, senza trascurare peraltro le analisi strutturali della società.
TEOLOGIE INDIGENE
Di fronte al carattere "bianco" delle teologie della liberazione, sono sorte delle reazioni all'interno delle comunità indigene del continente. Da sempre gli indigeni sono soggetti di studi, ma non soggetti di storia. In occasione della celebrazione dei 500 anni della conquista delle Americhe, e come reazione al pensiero dominante che la presentava come un "incontro di civiltà", si è prodotto una rinascita culturale che si è sviluppata in tutto il continente, incentrandosi su questioni quali l'autonomia, le culture tradizionali, le religioni. Tre incontri di teologia indigena si sono svolti rispettivamente a Città del Messico nel 1991, a Panama nel 1993 e in Ecuador nel 1994 e infine ancora uno in Bolivia nel 1997.
La nuova prospettiva consiste nel considerare le culture indigene anche come luoghi teologici. Si tratta di un complesso di saggezza popolare, e dunque di una realtà storica collettiva, essa pure spazio di rivelazione dell'amore di Dio. Infatti la loro storia è traversata da lotte costanti per mantenere la propria identità. I principi della resistenza alla colonizzazione furono costruiti su un duplice base: da una parte la difesa della vita, in virtù di una concezione cosmico-economica che considera l'essere umano come in simbiosi con la natura e non come padrone e distruttore di essa, e dall'altra la vita della comunità, condizione essenziale di quello dei suoi componenti, che contrasta l'individualismo del pensiero moderno. È compito specifico della teologia accompagnare teologicamente la costruzione del soggetto indigeno come popolo e come persona, quando è minacciato dal neo-liberalismo che distrugge l'ambiente, base economica della sua vita, e che impone l'uniformità culturale della modernità. In questo senso appunto si sono sviluppate una serie di riflessioni di pubblicazioni. La fioritura delle teologie indigeni non è priva di ambiguità: alcune tendono a volte a sacralizzare la cultura, a sviluppare una concezione troppo esclusiva del rito e a rinchiudere il pensiero in un ghetto. È la deviazione culturalista, vicina a certi ambienti dell'antropologia culturale, i cui lavori sono serviti di base a certi teologi.
Da qui l'importanza del legame con la teologia della liberazione, che mostra come tutto questo si iscriva nelle strutture dell'oppressione, prima con la conquista ispanica e poi oggi con il modello neo-liberale.
TEOLOGIE AFRO-LATINO-AMERICANE
La resistenza dei Neri si è accompagnata a una lettura religiosa della realtà. Non è una novità, e questo si trova in tutte le religioni afroamericane ad Haiti, in Brasile, a Cuba e nei Caraibi. Invece molto più recentemente questa preoccupazione è immersa nel quadro di una teologia Cristiana. Nel 1994, sotto gli auspici dell'associazione dei teologi del Terzo mondo, si è tenuto a Nova Iguaçù, in Brasile un consulto su la "Cultura nera e teologia".
I partecipanti vi hanno sviluppato nuove prospettive sui concetti di razze, classi, generi, religioni. È stato l'inizio di una critica radicale del "feticismo dei bianchi" nel senso stesso della produzione teologica e di una decostruzione di un'antropologia etnocentrica, proponendo invece di riconoscere l'alterità dei gruppi afro-americani. Si tratta infatti di ristabilire la giustizia per una comunità considerata come "egemonizzata". In una prospettiva teologica, nelle lotte degli schiavi nelle manifestazioni della negritudine si ritrova la presenza liberatrice di Dio. Un pensiero di questo tipo sviluppa una visione olistica della realtà e dell'essere umano. Porta la sovversione della "logica magica" del neoliberalismo, all'affermazione del valore della persona in sé e non anzitutto come unità di produzione, e della natura come spazio vitale e non come semplice risorse economica. Esso affronta in maniera è ugualmente critica "l'imperialismo razzista" dei percorsi religiosi e teologici indigeni. Per lo sviluppo di un pensiero teologico afro-latino-americano si pongono varie questioni metodologiche, in particolare quella del ermeneutica delle espressioni religiose delle popolazioni nere e, per non ricadere nel culturalismo già segnato a proposito delle teologie stesse.
Articolo di François Houtart
