SABATO 16 GENNAIO 2021

Israele nacque che i suoi genitori erano vecchi, ed essi morirono quand'egli era ancora un bambino. Quando suo padre sentì avvicinarsi la morte, prese in braccio il ragazzo e gli disse: «Io vedo che tu farai splendere la mia luce, e a me non è dato di crescerti. Ma, diletto figlio, in tutti i tuoi giorni ricorda che Dio è con te e che perciò non hai da temere alcuna cosa al mondo». Le parole restarono nel cuore di Israele.
(Martin Buber, I racconti dei Chassidim)
Il movimento chassidico riconosce come fondatore Israele ben Eliezer, detto il Baalshemtov. E a lui si riferisce il passo che abbiamo letto. Israele è un uomo straordinario. Così lo descrive Buber: "l'uomo che suscita e guida il rinnovamento non è un uomo dello spirito nel senso usuale della parola, ma è un uomo che trae la sua forza da una eccezionale fusione tra poteri spirituali e tellurici, luce celeste e fuoco terreno; ma è solo ciò che sta in alto a determinare la persona alimentata dal basso: la vita di quest'uomo è continuo accoglimento del fuoco e trasmutazione del fuoco in luce". La 'memoria' della benedizione del padre, prima della sua morte, accompagna Israele segnando tutta la sua vita. Si potrebbe anche dire che questo è il suo segreto più profondo: l'intima certezza che Dio è con noi e che quindi non abbiamo nulla da temere.

Quando il tuo cuore grida, prendilo come un atto di fede. Potresti avere dubbi, molti dubbi, e potresti avere domande, molte domande, ma se il tuo cuore grida, ciò dimostra che hai ancora una scintilla di fede. Senza questa scintilla di fede, non grideresti affatto. Il grido stesso del tuo cuore è di per sé un aspetto della tua fede.
(Rabbi Nachman)

Il Baalshem disse: «Quando la mia mente è fissa in Dio lascio che la mia bocca dica ciò che vuole; poiché allora tutte le parole sono legate alla loro radice celeste»
(Martin Buber, I racconti dei Chassidim)
Uno dei tre caratteri fondamentali del Chassidismo è che la via è per ciascuno personale. La vera imitatio, non è mai un scimmiottare quanto altri hanno fatto, ma vivere la nostra vita con la stessa verità e profondità con la quale i maestri a cui ci riferiamo hanno vissuto la loro. Dobbiamo cioè cercare da noi stessi il modo - tutto nostro - per fissare la mente in Dio, e allora «quando la mia mente è fissa in Dio lascio che la mia bocca dica ciò che vuole; poiché allora tutte le parole sono legate alla loro radice celeste». O ancora il modo, tutto nostro, per amare il prossimo e Dio, e allora «se amo Dio che bisogno ho di un mondo futuro?». Straordinaria intuizione, che ci consente di vivere in pienezza il tempo presente, la concretezza della vita nella sua quotidianità, senza essere spaventati, o condizionati, da un ipotetico "mondo futuro". L'uomo spirituale vive nel qui ed ora, nella "presenza mentale" - come direbbero i nostri fratelli buddhisti, semplicemente amando e portando conforto a chi incontra sulla sua strada.
Massimo Diana
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