SABATO 27 MARZO 2021

27.03.2021

Pesak, Pasqua - letteralmente: Passaggio - è per le nostre sorelle e i nostri fratelli ebrei il memoriale dell'uscita e della liberazione dalla prigionia in Egitto, attraverso la guida di Mosè; è dunque la festa del 'passaggio' dalla schiavitù alla libertà. Ma questo evento della storia di un popolo, accaduto migliaia di anni fa, è divenuto cifra e simbolo del senso dell'intera esistenza umana, che può essere letta proprio come un progressivo cammino di liberazione che, attraverso il deserto, ci conduce alla fine alla Terra Promessa. Fare memoria di questo evento non significa dunque solo ricordare qualcosa che è accaduto tempo fa ad un popolo lontano a cui neppure apparteniamo, ma ritornare al cuore stesso della nostra esperienza di esseri umani. Nelle varie tradizioni religiose, fare memoria significa anche rendere in qualche modo presente ed efficace tutta la forza di quell'evento che celebriamo. Non è dunque un semplice ricordare, ma un presentificare l'evento, renderlo a noi contemporaneo (oppure rendere noi ad esso contemporanei), affinché possiamo attingerne tutta la forza sanante e liberatrice. Questo dunque significa celebrare ritualmente Pesak: siamo noi che siamo interpellati e chiamati a liberarci, sotto la guida di Mosè, dalle nostre molteplici schiavitù per affrontare un cammino di libertà. Verso una umanità più piena.

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse: «Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono. Perciò va'! Io ti mando dal faraone. Fa' uscire dall'Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire gli Israeliti dall'Egitto?». Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall'Egitto, servirete Dio su questo monte».

(Dal Libro dell'Esodo)

L'Esodo è un evento centrale nella storia biblica, ma anche nella storia di ciascuno di noi. Così scrive Eugen Drewermann: "Tutte le scene che ci mostrano come Israele raggiunge la libertà ed il paese a cui è destinato sono immagini e stazioni del processo che ciascuno di noi deve percorrere per trovare se stesso". La via che Israele ha percorso come popolo, è cioè la strada che ciascuno di noi, in ogni tempo e in ogni luogo, deve seguire - senza saltare nessuna tappa - se vuole trovare se stesso e liberarsi. La 'verità storica' dell'evento dell'Esodo come momento centrale della storia esteriore di un popolo, non è negata ma diviene di secondaria importanza rispetto alla 'verità essenziale' racchiusa in questa narrazione, una verità che va a toccare il cuore e il senso stesso dell'esistenza di ciascun individuo, una verità dunque sovrastorica e universale.

d Israele, ai Maestri, ai discepoli, ai discepoli dei discepoli immersi nello studio della Legge, sia concessa la pace, la grazia, la pietà, la misericordia, la longevità, il nutrimento dal Signore nostro Dio del cielo e della terra. 

(dal Rituale ebraico Qaddish) 

Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d'Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine». Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge. Ma il sesto giorno, quando prepareranno quello che dovranno portare a casa, sarà doppio di ciò che avranno raccolto ogni altro giorno».

(Dal Libro dell'Esodo)

Il popolo di Israele ha attraversato le acque del Mar Rosso. A questo punto, si può credere di essere finalmente arrivati alla meta, ma siamo in realtà solo all'inizio: ciò che inizia adesso sarà un lento e faticoso procedere a tentoni in un paese sconosciuto. Ci siamo sottratti alla schiavitù, ma ora davanti ci si spalanca un vuoto gigantesco; i pensieri torneranno immancabilmente al passato: ma era davvero così brutto, in Egitto? Non stavamo forse meglio prima, quando almeno il pane era assicurato? Chi può reggere una tale libertà così senza certezze e garanzie? La tentazione di «tornare indietro» sarà forte. Ma è necessario andare avanti, giorno dopo giorno, raccogliendo quotidianamente i «pezzetti di manna» miracolosi che tengono in vita. Il pane quotidiano. Potranno essere piccoli successi, fugaci parole rassicuranti, una passeggiata, brevi attimi di gioia... Lentamente, giorno dopo giorno, avverrà una metamorfosi e si farà l'esperienza di come da noi soli, in verità, non riusciamo a combinare proprio niente di essenziale, affinché ciò di cui viviamo ci appaia come un continuo regalo immeritato. Ciò che è essenziale, ci cade infatti in grembo e "l'unica scelta è quella tra l'egoismo della paura e la libertà della gratitudine, tra la vita da schiavi in Egitto e il volo delle quaglie smarrite sulle oasi del deserto".

Massimo Diana 


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