SABATO 9 GENNAIO 2021

09.01.2021

Una parabola: Una persona ne amava un'altra e diceva: «Il mio amore per te è così grande che voglio vivere con te!». L'altra diceva: «Come posso essere sicura che starai sempre con me?». Allora lui prese tutti i suoi beni più preziosi e li portò all'altra dicendo: «Ecco una garanzia che non mi separerò mai da te». Così il Santo Benedetto desiderava dimorare con Israele. Cosa fece? Prese i suoi beni più preziosi e li portò loro dicendo: «Israele, ora tu hai la Mia garanzia che non mi separerò mai da te». Anche se il Santo Benedetto si è allontanato da noi, Egli ha lasciato un pegno nelle nostre mani, e noi custodiamo quel Suo tesoro 

(Sefer ha Zòhar).


Queste sono parole che ciascuno di noi vorrebbe sentir risuonare nel più profondo delle sue viscere. Se è vero quanto la psicologia ci ha insegnato e cioè che la matrice di tutte le paure e di tutte le angosce è il timore dell'abbandono, allora non è difficile comprendere tutta la portata di simili affermazioni. Naturalmente quando si è cresciuti si comprende che un tale bisogno di protezione e di sicurezza non può essere garantito da nessun essere umano nostro pari, neppure dalla nostra mamma, che invece, per un bambino, è la fonte di ogni sicurezza. E allora iniziamo a ricercare un tale fondamento nell'amore di un partner, nel conforto dell'amicizia, oppure affidandoci ad un qualche potente o guru o votandoci al servizio di una qualche causa... ma per scoprire che niente e nessuno sarà mai in grado di rispondere adeguatamente ad un tale bisogno. Da qui la spinta a cercare altrove... una tale garanzia. Ecco dove si radica il bisogno della ricerca di un 'pegno', di una 'garanzia' che, nonostante tutto, l'Assoluto non ci ha abbandonato, non ci può abbandonare, a motivo non certo dei nostri meriti, ma della Sua grandezza, della Sua bontà, del Suo amore. 

Il Signore del mondo che regnava già prima che qualunque creatura fosse plasmata, nel momento in cui tutto fu fatto, conforme al suo desiderio, allora cominciò a essere chiamato re.E dopo che tutto avrà cessato di esistere regnerà ancora da solo, maestoso: Egli era ed Egli è, Egli sarà nella gloria.Egli è Uno e non vi è un secondo che gli si possa unire o paragonare; senza inizio e senza fine, a lui appartengono forza e dominio.È il mio Dio, è vivo il mio redentore, la mia roccia, la mia sorte nel tempo dell'angoscia, la mia insegna e il mio rifugio, il calice che ho in sorte nel giorno in cui invoco.Nella sua mano affido il mio spirito, quando dormo e quando mi sveglio, non solo lo spirito ma anche il mio corpo: il Signore è con me, non ho timore.

(Liturgia ebraica: Machazor di rito italiano)

Il giorno in cui Rabbi Shim'on stava per lasciare il mondo, mentre stava sistemando i suoi affari, i Compagni si riunirono nella sua casa [...]. Rabbi Shim'on disse: «Nell'aia ci trovammo: tutti i Compagni che parlavano, io tra loro. Ora solo io parlerò; tutti ascoltano le mie parole, quelli in alto e quelli in basso. Felice è la mia sorte in questo giorno!». Rabbi Shim'on esordì dicendo: «Io appartengo al mio amato, egli mi desidera (Cantico 7,11). Tutti i giorni che sono stato legato a questo mondo io sono stato legato in un solo legame al Santo Benedetto. Questo è il motivo per cui ora egli mi desidera" (Sefer ha Zòhar).
La dipartita da questo mondo viene vissuta nel segno del desiderio: non un evento subìto, ma la realizzazione di un desiderio, del più profondo dei desideri: «Io appartengo al mio amato, egli mi desidera». È bello poterci avvicinare anche noi a quell'evento a cui nessuno sfugge con lo stesso sentimento di Rabbi Shim'on. Il cammino spirituale lo possiamo vedere come la lunga preparazione a questo supremo passaggio.


Massimo Diana  


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