SOLIDARIETÀ: DIRITTO VERSO SÉ STESSI

03.03.2020

Come cambiano i giovani, i loro bisogni e le loro aspirazioni, con meno personalismi e più attenzione agli altri

Avvicinarsi all'universo dei giovani significa impattare con una realtà complessa e multiforme e, quindi, necessariamente, imparare a confrontarsi e sorprendersi dinanzi all'inatteso, nel senso di essere capace di cogliere non solo le evidenze, ma anche i fenomeni marginali. Quando si é chiamati a parlare dei giovani, raccontare chi sono e come vivono, cosa pensano e cosa reputano importante per sé e per gli altri, anche il più esperto degli studiosi, se fa seriamente il proprio mestiere, generalmente prende un bel respiro e si ferma a riflettere per capire da che parte iniziare, come restituire al pubblico concitato e desideroso di risposte una lettura ordinata di una realtà assolutamente caotica e in continua trasformazione. È innegabile che la complessità intrinseca alla giovinezza è l'esito di processi e trasformazioni sociali e culturali intervenuti nel nostro Paese a partire dal Secondo Dopo-guerra. Come prima cosa non si capisce bene quando inizia e quando termina la giovinezza, ovvero per quanto tempo si è o si è costretti a restare giovani. La "condizione giovanile" non ha confini prestabiliti, nel senso che il grande salto all'adultità può avvenire in tempi e in età diversi, con modalità differenti a seconda degli individui. In alcuni casi può addirittura non avvenire mai. La giovinezza mantiene tuttavia caratteristiche proprie, distinte e distintive, in qualche maniera assolutamente peculiari. Questo significa che non è soltanto il tempo del "non più e non ancora", non più bambino e non ancora adulto, ma è un tempo autentico, un tempo pieno di vita, di esperienze, di valori, di progetti unici, proprio perché tipici di questa età della vita. In secondo luogo, la giovinezza presenta al suo interno una molteplicità di volti, tanto che sarebbe un errore lasciarsi andare a letture riduzioniste o a sterili e pericolose generalizzazioni. Di qui la necessità, per le scienze sociali, di contestualizzare e storicizzare le proprie analisi. Non solo: nella logica della profezia che si auto-adempie, le rappresentazioni sociali dei giovani, talvolta stereotipate e vincolati in maniera straordinaria e pervasiva dei media, possono orientare questi ultimi a stili di vita, rafforzare comportamenti atteggiamenti e transitori, che "in natura" non si sarebbero presentati, magari solo sporadicamente. Queste brevi ma doverose considerazioni dovrebbero quantomeno orientare la nostra lettura sui giovani, nel tentativo di arginare il rischio di riprodurre visioni stereotipate di una realtà composita. Una prima questione su cui vorrei iniziare a riflettere è lo spazio mentale, affettivo e pratico che i giovani oggi riservano all'impegno sociale, ovvero provare a capire e problematizzare le ragioni individuali sociali sottese a tale pratica.

Più volte è stato sottolineato dalle ricerche sociologiche che in questi ultimi decenni - almeno a partire dagli anni Ottanta del secolo appena concluso - i giovani mostrano una particolare affezione per valori riconducibili al proprio Ego piuttosto che ad Alter. Siamo di fronte a uno dei tanti esiti dei processi di frammentazione, di allentamento dei legami sociali, di individualizzazione, per cui gli individui, partire dalle giovani generazioni, hanno perso progressivamente interesse verso i valori della vita collettiva, maturando un sempre più debole senso di appartenenza nei confronti dei gruppi e delle istituzioni. La voglia di relazionalità è rimasta, anzi direi che è anche più forte sviluppata rispetto al passato, ma questa si alimenta all'interno di un circuito piuttosto ristretto, riconducibile alla sfera - in senso spaziale ed affettivo - più prossima della persona, come gli amici e la famiglia. Se chiediamo ai giovani di indicarci quali sono per loro le cose importanti nella vita da circa vent'anni le risposte sono pressoché identiche. Al primo posto, in ordine di importanza, viene la famiglia (per oltre il 80%, è molto importante), seguita dall'amore e dalle amicizie. Seguono il lavoro, il divertimento e lo studio. Per pochi e poca importanza rivestono nella vita dei giovani valori dell'impegno sociale, dell'impegno religiose e dell'attività politica. Soffermandoci sull'impegno sociale, le indagini sociologiche evidenziano che questo lavoro è abbastanza importante per circa il 50% dei giovani italiani di età compresa tra i 15 ei 34 anni, molto importante soltanto per circa il 25%. Da parte sua, solidarietà, un valore correlato all'impegno sociale è considerato molto importante da meno del 50% dei giovani, ma oltre il 40% lo ritiene altresì abbastanza importante. Se questo è il dato generale nazionale, significative differenze emergono in relazione al genere, all'età e al capitale culturale dei giovani e delle loro famiglie di appartenenza. Sono in particolare le ragazze rispetto ai loro coetanei maschi, a ritenere maggiormente importanti l'impegno sociale e la solidarietà, oltre ad impegnarsi concretamente in attività associazionistiche e di volontariato presenti sul territorio. Con il crescere dell'età, ovvero una volta lasciate alle spalle e risolte (almeno in parte) le turbolenze dell'adolescenza, i giovani, attraverso un processo lento, doloroso ma costruttivo di decentramento, trovano tempo e spazio da dedicare non solo a se stessi ma anche agli altri, riscoprendo i valori solidaristici. Inoltre, soprattutto i giovani con scarso capitale culturale, ovvero coloro che provengono da famiglie con minori livello di scolarità, a sentire più forte il bisogno di solidarietà. Sono giovani i cui genitori appartengono prevalentemente alle classi sociali più vulnerabili, ovvero la classe operaia e impiegatizia. Dallo scenario appena delineato possiamo ricavare almeno due considerazioni. Se da un lato si assiste al permanere di un generalizzato atteggiamento egoistico, privatistico, a scapito di uno altruistico, dall'altro, un significato assolutamente "nuovo" viene attribuito dai giovani ad alcuni valori tipicamente collettivi. La solidarietà, quando c'è, viene infatti percepita non tanto come una virtù civile, come attenzione agli altri, ma ancora una volta come tutela in primis dei propri diritti e bisogni. Ecco perché ad esprimere attenzione alla solidarietà sono proprio coloro che sono più fragili, ovvero le ragazze - solitamente più discriminate dei maschi nella nostra società -, coloro che provano ad accedere al mondo del lavoro e non possono usufruire o far conto su un elevato capitale culturale, sociale ed economico della famiglia di appartenenza. Tuttavia, una lettura longitudinale dei dati consente di avanzare l'ipotesi di una possibile quanto auspicata inversione di tendenza, per il momento allo stato nascente, ma che può rappresentare una preziosa scommessa e investimento per il futuro dei giovani e della società stessa. Se è vero che i giovani sono ancora orientati al privatismo piuttosto che alla altruismo è altrettanto reale che negli ultimi anni si è assistito ad un leggero incremento dell'importanza attribuita dai giovani e l'impegno sociale. Probabilmente le giovani generazioni stanno iniziando a capire che impegnarsi per gli altri significa indirettamente contribuire al benessere di tutti, perché ciò che accade altrove da noi ha necessariamente e inevitabilmente ripercussioni sulla nostra vita quotidiana. Ma soprattutto che le difficoltà con cui si confrontano - finire gli studi, trovare un lavoro, rendersi autonomi economicamente dalla famiglia, andare a vivere per conto proprio, fare una famiglia, avere figli, ecc. - non sono tanto è solo problemi personali, ma problemi sociali, problemi di tutti, la cui risposte soluzione pertanto non spetta esclusivamente al singolo individuo, sebbene si possono apprezzare gli sforzi e la buona volontà di ciascuno, bensì alla società civile, all'intera comunità che si muove sinergicamente per migliorare e, se necessario, cambiare lo stato delle cose. L'auspicio e l'augurio rivolto i giovani è che continuino a camminare per questa via meno individualistica, entrando nell'ottica che l'impegno sociale la solidarietà possono rappresentare una possibilità concreta e intelligente per uscire dall'attuale situazione di impasse, di crisi, per far sì che il nostro non sia un Paese bloccato, in cui giovani, dati alla mano, sono i primi a farne le spese.

Articolo di Cristina Pasqualini - sociologa e ricercatrice. Tra i suoi lavori: Compless-età, Dentro le storie degli adulti-giovani, Scommettere sui giovani a partire dalla sociologia.


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