VANDALISMO AL TEMPO DEL COVID

06.04.2021

ll vandalismo espresso sulle opere d'arte non distrugge solo la storia, ma anche una parte di noi.

Tutti noi ci stiamo misurando con un delicato quanto drammatico momento storico che ci sta ponendo di fronte a una profonda crisi sociale e disorientamento identitario.

I giovani, in particolar modo, già protagonisti di un'età ricca di sconvolgimenti interiori e di incertezze, sono ora lasciati soli, lontani da figure di riferimento formative e dalle istituzioni scolastiche che prima offrivano un orientamento verso una maggiore consapevolezza di sé e del futuro.

Le conseguenze di questo abbandono si stanno riversando, in alcuni casi, in atteggiamenti esplosivi di aggressione e di ribellione che si manifestano talvolta in atti di vandalismo, anche sulle opere d'arte.

Tali gesti di demolizione del "bello", che ci scuotono provocando amarezza e indignazione, nascondono, volendo leggerne le cause profonde, un urlo di protesta, di paura e una richiesta di attenzione. La logica implicita che traspare sembra infatti affermare che se non c'è un futuro, allora non esiste neanche un passato. Distruggere l'arte, e con essa i valori che rappresenta, è una sfida agli ideali che hanno sorretto la storia, come se l'epilogo, il momento presente, fosse talmente deludente da meritare niente meno che l'estinzione.

Tuttavia, l'opera d'arte non è un mero relitto del tempo: distruggendola non muore solo la testimonianza del passato ma anche una parte di noi, del nostro essere in divenire. Muore il progetto che è alla base della creazione e che non cessa mai di attualizzarsi in quanto inesauribile fonte di ispirazione, emozione, suggestione, materia viva che si racconta.

Escludere la memoria artistica da un presente, pur con tutte le sue complicazioni, comporta infine escludere la potenzialità e la proiezione di tutto ciò che ancora potrebbe - e potremmo - essere, senza limiti di immaginazione.

Se certamente questi gesti vanno condannati come qualsiasi altra forma di violenza, è davvero fondamentale afferrarne la richiesta di aiuto: i giovani hanno bisogno che il loro vuoto e la loro incertezza vengano riconosciuti; occorre che si indichi loro una strada alternativa che li accompagni a riscoprire l'amore per la realtà e per la vita.
Gli adulti di riferimento, pur nella distanza fisica, dovrebbero offrire loro strumenti adeguati per far fronte ai disagi e alle insicurezze che li attanagliano, educandoli a canalizzare in modo creativo e resiliente le energie e a scoprire dentro di sé risorse e ricchezze capaci di apportare il cambiamento che sognano. Se si riuscisse a dare maggior voce e inclusione ai ragazzi, il loro impeto diverrebbe fuoco creativo per la nascita di nuove idee e modelli sociali alternativi e, forse, anche più funzionali.


Maria Sole Santi


Fotografie di Mauro Manfrinato (Associazione Castel Lambro nel cuore)


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