VENERDI 23 APRILE 2021

Tutto quel che è nei cieli e sulla terra glorifica Dio, poiché Egli è il Potente, il Saggio. A Lui il Regno dei cieli e della terra, Egli dà la vita e la morte, ed è Onnipotente. Egli è il Primo e l'Ultimo, il Manifesto e il Nascosto, ed è Onnipotente... Conosce quel che penetra nella terra e quel che ne esce, quel che cala dal cielo e quel che vi ascende; Egli è con voi ovunque voi siate, e tutto quel che operate, Dio lo vede. A Lui appartiene il Regno del cielo e della terra e a Lui saranno ricondotte tutte le cose.
(Corano LVII, 1-5)
Questo versetto del Corano esalta la Grandezza e la Gloria divine. Il tauhìd (cioè la professione di fede: «là ilàha illallàh», non c'è divinità al di fuori di Allah) esprime la fede incrollabile che Allah è il Padrone di tutti i tesori della terra e dei cieli; che la Sua Grazia e la Sua Generosità non hanno limiti e che i Suoi Poteri sono infiniti. Questa fede porta al cuore una straordinaria consolazione. Come scrive il mistico egiziano Ibn 'Ata Allah, «Non considerare i tuoi peccati tanto grandi da impedirti di pensare bene di Dio, infatti appare piccola la propria colpa a chi conosce il Signore, in confronto con la Sua benevolenza».

Felice il momento in cui saremo seduti, tu e io, differenti nella forma e nel viso, ma avendo un'anima sola, tu e io.
I colori del bosco e i canti degli uccelli, ci conferiranno l'immortalità.
Quando entreremo nel giardino, tu e io, le stelle del cielo verranno a guardarci: mostreremo loro la luna, e la sua luce, tu e io.
Tu e io, liberati da noi stessi, saremo uniti nell'estasi, pieni di gioia e senza vane parole.
Gli uccelli del cielo avranno il cuore divorato dall'invidia in quel luogo dove cammineremo così beatamente, tu e io.
Ma la grande meraviglia, è che tu e io, rannicchiati nel medesimo nido, ci troveremo in quel momento, uno in Irak e l'altro in Khorasan, tu e io.
(Jalāl Al-Dīn Rūmī)

Era venuto il tempo della jihad, la guerra santa che avrebbe scacciato gli inglesi dalla provincia e restituito all'Islam, dopo tre secoli, il trono di Delhi. Nel giro di un mese, Mullah Mastun - il «fachiro pazzo» di Churchill - aveva messo insieme un esercito di diecimila pathan ansiosi di dare battaglia. L'esplosione avvenne nel mese di luglio, alle dieci di una notte senza luna. Assaltando contemporaneamente i forti di Malakand e Chakdarra, i pathan sopraffecero le guarnigioni esterne con pugnali, coltelli e vecchi fucili. Privati - ma solo momentaneamente - della guardia, i soldati inglesi e sikh si difesero con le mine, i cannoni e il fuoco devastante dei loro fucili a retrocarica. Per tutta la notte, essi respinsero le orde di uomini una ad una, grazie al fuoco massiccio, la disciplina e molto coraggio. Se riuscivano a tenere duro, i rinforzi potevano raggiungere i forti da Nowshera e Mardan per mezzogiorno. Per i pathan che si gettavano in bocca ai cannoni e al fuoco dei fucili, le ritirate significavano ben poco. Il tempo e Allah erano con loro. Sapevano di essere molto più numerosi degli inglesi. Centinaia di loro morirono sotto la valanga di proiettili, colpi di cannone e scoppi di mine. Ma cos'era la morte? Solo una promessa di paradiso.
(Eknath Easwaran, Badshah Khan. Il Gandhi musulmano)
Le vicende belliche lette in questa pagina gettano luce su quanto ancora oggi avviene, in maniera tanto drammatica e sanguinosa. Sembra proprio che facciamo molta fatica ad imparare dalla storia. Ed è per questo che vivere, oggi, da adulti, la dimensione spirituale non può esimerci dall'interrogarci su quali siano i meccanismi perversi che agitano il cuore umano, per porvi, come possiamo, rimedio. Un compito spirituale, nel senso di quella spiritualità laica ed adulta che promuove l'umano e la pacifica convivenza fra i popoli.
Massimo Diana